Joele è un anziano signore che vuole farla finita: ha perduto di vista tutto quello che avrebbe voluto per sé. Ormai la sua memoria vacilla, brancola nell’incertezza degli anni; inaspettatamente però, avviene qualcosa di magico, inspiegabile: i ricordi riemergono in maniera limpida e fuori controllo, di là dal luogo in cui si trova e dai suoi pensieri.
Piccoli pezzetti di vita vissuta rivengono a galla in maniera sconnessa e ingarbugliata, ma con una consapevolezza dell’affetto e delle emozioni provate mai così vivida. Sbaglia, si corregge, sbaglia ancora, si maledice, si corregge nuovamente: Joele è ognuno di noi, pregno di retaggi dell’adolescenza e della non riuscita dell’essere adulti, in un mondo privo di logicità.
Dolce e amara sarà la sua vita, dolce e amara.
Vissero insieme sette anni.
Istanti infiniti lunghi una vita, linea del tempo verso l’azzurro ignoto, verso felicità palpabili. Se ne andavano in posti fuori città, camminando senza meta, spingendosi, urtandosi, baciandosi forte, correndo a perdifiato.
Amavano tracannare bottiglie intere di whiskey e ascoltare musica fino allo sfinimento. Si toccavano i capelli, si osservavano come quelle scimmie che ogni tanto si vedono nei documentari, che prendono a sbirciarsi a vicenda, a tastarsi.
Quando finivano la bottiglia si mettevano a urlare, negli sterminati campi di periferia che frequentavano, e ridevano prendendosi per mano e girando forte, sempre più forte; poi si lasciavano cadere a terra esausti e liberi. E allora lei rotolava fino al suo petto e gli si stringeva senza dire nulla, aspettando solo che il respiro le si calmasse.
«Lo sai che ti batte forte il cuore?»
«Lo so.»
«É perché sei stanco?»
«Non solo per quello. Anche perché sei qui con me.»
«Lo dici ad ogni ragazza?»
«Ma che dici!»
«Sai, dovremmo andare al mare qualche volta.»
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